Lo I.O.R. (che non è l’Istituto delle Opere Vaticane, ma una classe di barche…), gli anni Settanta, gli anni Ottanta (da bere!) e altre bazzecole consimili

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Passione che mi porta dritto dritto in Marina Militare, appena finito quel viaggio da folle a bordo del trimarano. In Marina ero finito proveniente dalla leva di terra in quanto esisteva una tradizione di reclutamento nella leva di mare per i residenti nel circondario del Lago Trasimeno. Senza dimenticare che proprio a Passignano sul Trasimeno la locale S.A.I., ditta aeronautica fondata dall’Ing. Ambrosini, aveva contatti stretti con la Marina, e con il Genio Pontieri in quanto costruiva, tra l’altro, speciali barche per impieghi militari e fluviali. La bizzarria del caso volle che fu la SAI a costruire nei primi anni Settanta il prototipo in alluminio del Brigand 36’ del cantiere romano CIMA. Barca che fece scalpore in quanto ebbe il permesso di essere esposta al salone di Genova, pur non essendo un prodotto finito, quindi con scafo in bella vista, senza stucco né vernice, per mostrare la valentia delle maestranze del cantiere. In Marina in realtà stava a significare S.V.M.M., cioè lo Sport Velico della Marina Militare. E precisamente, di fatto, imbarco su Sagittario, un favoloso cutter di legno, su disegno di Sciarelli costruito da Craglietto per il Comandante Faggioni in occasione della Ostar, se non vado errato, del 1976. Il discorso viene portato avanti per andar a parar verso il secondo rendez vous con Jepson.

Estate piena del 1979: arsenale della Marina a Spezia dove s’era portato il Sagittario per far carena.

Un pomeriggio sbircio oltre la recinzione militare della Sezione Velica spezzina, inserita a fianco dell’Arsenale, un bell’albero, alto, flessuoso. Dico: di sicuro è una barca da regata. Chiedo il permesso al nostromo di andare a vedere la barca e chi mi trovo davanti? Niente di meno che l’ultimo ritrovato della tecnologica navale di quegli anni! Il Guia 2000 ! Infatti il Guia 2000 che era succeduto ai vari Guia, anche a quello che avevo incontrato nel nord della Spagna, poi affondato in pieno Atlantico mentre correva la regata chiamata Il Triangolo Atlantico, era stata costruita in composito di nido d’ape d’alluminio da Sangermani. Una meraviglia immane per me assetato di novità in fatto di barche da regata. Mi avvicinai quindi alla passerella e chiesi a Jepson, ricordandogli che c’eravamo già conosciuti, di poter salire cortesemente a bordo per dare un’occhiata all’attrezzatura di coperta e a tutta la barca. Lui mi guardò per un lungo minuto (mi sembrava uno dei personaggi del film di Sergio Leone, Il buono il brutto e il cattivo…decisamente nella parte del cattivo!) e senza profferire parole di sorta, nemmeno quelle famose del suo peculiare slang, mi fece un sommesso Sssshhhh !!, ad intimarmi (perentoriamente) un silenzio assoluto. Io ne rimasi sconcertato, non capendo come mai si dovesse far silenzio, o parlar piano, in banchina, in pieno pomeriggio di un’estate martoriata da una canicola afosa quanto tremenda. Oltretutto mi rammentavo un Jepson caciarone, tuonante e vociferante il più delle volte.

Mentre pensavo queste cose, di nuovo eruppe questo il verbo jepsoniano:

Sssshhhh ! …che mi imponeva un silenzio totale. Continuavo a non capire. Chiesi, a dir il vero un po’ scocciato di tanta segretezza, il motivo di quell’atteggiamento a Jepson e lui mi fece cenno con un dito puntato sotto coperta che c’era qualcuno a bordo e che quel qualcuno fosse l’Ingegner Falck, il famoso Incegnero. Beh, io gli risposi che avrei potuto chiedere gentilmente anche a  Falck il permesso di andar a sbirciar sotto coperta. E a quel punto notai una cosa che sino ad allora m’era sfuggita, e cioè che, nonostante il caldo atroce, il tambuccio fosse chiuso. Questa mia ennesima insistenza evidentemente portò in ebollizione il non pacifico Jepson – una vera e propria caldaia di emozioni – che mi si parò dinnanzi nella passerella dicendo, e ripetendo quasi all’infinito, questa volta con un tono di voce decisamente più alto, e più prossimo al suo stile: Rosanna Schiaffino! Rosanna Schiaffino!! Rosanna Schiaffino!!!

Dobbiamo ricordare che la famosa a quel tempo attrice, la Schiaffino appunto, aveva avuto un ritorno di fiamma, di popolarità urbi et orbi, in quanto l’edizione nazionale di Playboy le aveva dedicato la “prestigiosa” paginata centrale. Cosa che al buon Jepson, amante di simili amenità culturali, non era ovviamente sfuggito di certo. Io non sapevo cosa ostasse ad una mia discesa in quello che, a sentire il Jepson apparivano come gli inferi del Guia e quindi, animato da sana curiosità giovanile, feci per forzare il passaggio… fu allora che Jepson lasciò da parte ogni sussurro e tornò, verace, al suo tono di grida di guerra, ed eruppe, quasi a squarciagola in un altro suo aforisma che divenne imperituro: L’incegnero! l’incegnero!  Dabbasso… chiafa come manco li cani![6]

Ma non finisce certo qua con Jepson.

Anni dopo, sull’immancabile Guia, stavolta a secco, nel piazzale di un cantiere, a buon’ora sento il vocio solito jepsoniano che fa un mezzo pandemonio. Da sotto alla barca (anch’io ero a secco per lavori), da una lunga scala, vedo una scena degna di un film di Fellini, apparirmi tanto reale quanto incredibile. È Jepson che aiuta a varcare le draglie a due “signore” che si accingono a scendere, caracollando paurosamente, la scala per raggiungere il piazzale sottostante. Il bello è che queste due figure femminili non solo non erano di primo pelo, ma erano agghindate come le soubrette degli anni Cinquanta, diciamo alla Delia Scala. Solo che eravamo vent’anni dopo. Questo l’identikit. Capelli biondo platino, cotonati, con dei boccoli vistosi sulle spalle, gonna stretta a pied-de-poule, calze a rete, rossetto sfavillante quanto sovrabbondante, tacchi a spillo, occhialoni alla Loren. Una volte scese, si dileguarono in fretta. Non che me ne sia mai stato un intenditore di questa porzione del genere umano, ma non ci voleva certo uno educato ad Harvard per capire che quelle due signorine non fossero nient’altro che due “passeggiatrici”, come venivano chiamate negli anni Cinquanta le devote al più antico mestiere del mondo. Guardo Jepson e lui mi guarda sornione: è già in posizione d’attacco, come Sugar Ray Leonard. Parto alla lontana. Gli chiedo come vanno i lavori prima della grande regata e lui mi risponde che non c’è male. Allora sento che è ora di buttare avanti l’affondo, e gli chiedo chi fossero mai quelle due strane tipozze scese dal Guia. E lui, pronto come un felino, mi dice che erano due sue “cugine”. E lo vedo che sghignazza sotto la sua mitica barba in puro stile Cap Horniers. Io non getto la spugna e gli dico a che doveva la visita di ben due sue cugine nello stesso momento. Lui mi fumina con un uppercut secco e preciso: mi dice che entrambe lavoravano al RINA e che lui aveva bisogno di un’ispezione!

Grande Jepson!

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