Lo I.O.R. (che non è l’Istituto delle Opere Vaticane, ma una classe di barche…), gli anni Settanta, gli anni Ottanta (da bere!) e altre bazzecole consimili

Pubblichiamo volentieri qualche stralcio del libro di Danilo Fabbroni sullo I.O.R. che, come risulterà evidente proseguendo nella lettura, non ha bisogno di alcuna introduzione.

Buon divertimento!

Danilo a Paul Cayard: Come va la faccenda? Qui non si va né avanti né indietro!

Paul: Potrebbe essere molto peggio!Prefazione:

Domanda:

…m’è venuta una mezza voglia di comperare uno IOR d’alluminio, degli anni ’80: tu che ne pensi?

Risposta:

O sei ricco o ti vuoi metter nei guai!

Marco Cobau

Hi Danilo,

                I want to tell you how much I enjoyed your IOR chapter. You really have an expressive talent and a great ear for dialogue.  Not to mention a fantastic memory.  Living the IOR dream was so easy that most of us never realized how special those times really were.

We know now though!

Your Sommelier

Robin Morgan 

Caro Danilo,

                    ho letto con gioia l’estratto che mi hai gentilmente inviato. Ho riso a crepapelle e non vedo l’ora di poterlo leggere per intero.

Come sai i personaggi che hai citato sono stati gli eroi della mia giovinezza ed alcuni di loro mi hanno dato lezioni di vita che ancora oggi sono delle perle di saggezza che – spesso – voglio condividere con i più giovani. Sarà quindi un emozionante tuffo nel passato rileggere il tuo libro.

Mi raccomando non mancare di avvisarmi quando l’arduo lavoro sarà concluso….

Filippo Calandriello

Che piacere leggere queste righe…sanno di salmastro e di sudore.

Dai arriva fino in fondo…..aspetto!

Attilio Saccone

Tieni duro sino in fondo! Ci ritrovo un sacco di amici e anche di “pischelli” che hanno iniziato con me: Vallicelli, Mariani, Sodo, gli amici Dany e Mauro, Zamorani che con Gigio lavorarono nel mio shipchandler di Roma, Giorgetti al quale ho attrezzato qualche barca…

Tommy Moscatelli

 

Capitolo I

Danilo a Paul Cayard:

Come va la faccenda? Qui non si va né avanti né indietro!

Paul: Potrebbe essere molto peggio![1]

L’anno che ci accingiamo a vedere concluso, il 2012, sarà probabilmente ricordato come l’anno peggiore per l’editoria italiana, dal dopo guerra ad oggi. Nondimeno mi accingo a scrivere (beh….scrivere è una parola grossa!), anzi a scribacchiare, un libro, o forse sarebbe meglio dire un pamphlet, facendo orecchie da mercante nei confronti di qualsiasi probabilità non dico di “successo”, ma addirittura di diffusione.

Calco la dose.

Se mai questo scartafaccio di aneddoti curiosi, di tranche de vie, di racconti di barche e di mare, di situazioni ilari, da Circo Barnum, e via di seguito avrà mai un termine sarà meglio che rimanga un libro per pochi. Non è per via di uno snobismo, che peraltro mi è inviso in tutte le sue forme, né certamente per un omaggio allo scorfano teutonico – Nietzsche – che caldeggiava la stessa sorte per un suo testo, ma per la banale constatazione che oggi dello I.O.R. (niente a che vedere con l’omonimo “Istituto delle Opere Religiose” di non fausta memoria) e della vicenda che si imperniò attorno a questo regolamento per le barche d’altomare, non importa niente a nessuno.

È acqua (davvero) passata, come si suol dire.

In effetti è vero.

Parliamo di una stagione che benché si sia sviluppata nell’arco di almeno due decenni circa, ha dalla “sua”, di contro, il fattore dell’oblio caratteristico ad ogni tempo remoto (ahinoi!), tanto più forte oggi come oggi in cui un “avvenimento” coevo diventa caduco appena un istante dopo che si è affacciato al mondo!

Qui si tratterà quindi degli anni Settanta ed Ottanta, del Secolo scorso (già dire Secolo scorso fa un certo effetto….!).

La prova provata? Eccola!

Punta Ala….pochi anni fa…Paolo Massarini, un decano delle regate d’altura di mezzo mondo, è a bordo di una barca come navigatore, per un campionato d’altura. Lo skipper di “nuova generazione”, che non conosceva Paolo, di cui tacciamo il nome, per eleganza (si dice il peccato e non il peccatore) gli chiese se avesse mai partecipato a regate d’altura! Capito l’antifona? In un Paese “normale” come direbbe D’Alema, felice skipper di Icarus, un 60’ da crociera del cantiere Stella Polare, a firma di Roberto Starkel, ci dovrebbe essere un po’ di memoria. Questo è un modesto omaggio al concetto di “memoria”.

Mi piacerebbe dunque che questo testo fosse un libro per pochi: i tutti che ricordano in qualche modo con affetto (ma senza particolare nostalgia a base di melassa….tipo raduno dei vecchi alpini!) una stagione di barche da regata (e in parte anche da crociera) con un fascino unico quanto irripetibile. Non so dire ora in quale guisa riuscirò a finire il libro, né ad essere sicuro di poter trovare la chiave giusta, in modo da potergli dare un senso compiuto, un’ossatura portante, un canovaccio che non sia ubbioso per il lettore. Ma non importa.

Come diceva un aristocratico celebre, appassionato di sport: C’è della dignità solo a partecipare.

Ed io voglio partecipare a questo diario di due decadi che hanno visto solcare nei mari di tutto il mondo degli oggetti pensati, progettati e costruiti per la stragrande maggioranza dei casi, in maniera strabiliante e piena di fascino.

Non sarà solo un libro di vela. Si accennerà anche ad altri campi del design e non solo. In fin dei conti quando un oggetto è ben pensato, ben progettato e ben realizzato è sempre fonte di grande appagamento solo a guardarlo, cercando di  carpire i suoi aspetti più reconditi e quello che ne concerne. Volete mettere la bellezza unica di un motoscafo Riva Acquarama?

Non sarà un libro di tecnica anche se ci saranno diversi spunti in cui si accennerà all’attrezzatura di coperta, e di rigging in senso lato. Per ora ho vergato la premessa intrisa nel primo capitolo. In genere un autore fa la premessa quando ha finito il testo, o perlomeno a metà dell’opera, quando insomma si “vede qualcosa di certo”. Io invece no. Tengo fede al motto delle regate “buona partenza mezza vittoria”. Una buona premessa è già mezzo libro.

Potete non crederci. Io ci credo invece. Altresì mi è sempre impresso il detto “la regata è lunga” come motto apotropaico, scaccia sfortuna insomma. Quindi è ora di mettersi al lavoro, a preparare la “barca” bene. Non sarà solo un libro di “oggetti”, di barche appunto. Ci sono mille “scuse” dietro questo. Gli oggetti non hanno senso se non ci sono gli uomini che li pensano, li disegnano, li “mettono al mondo” strictu sensu. Se vogliamo la “scusa” di parlare degli oggetti ci porta dritti dritti a parlare di uomini dal carattere straordinario, oppure di personaggi di una bizzarria unica, che per una misteriosa ragione che mi è tutt’ora ignota, il Grande Caleidoscopio della Vela ha saputo “esprimere” come mai è successo per altri campi e settori di nicchia e no. Io e il mio compare di “ideologia” iorrista….dovete sapere che dalla patologia iorrista non c’è verso di guarire! Una volta infettati è più facile curarsi dall’Aids che dallo…iorrismo!

Dicevo, Guido Crotti, che cura a dir poco amorevolmente una Quarta classe splendido e storico, il Settima Strega, che porta la firma dello studio bolognese Sciomachen, è mio principale fautore di questa impresa. Ma non solo. C’è una pletora di persone che scrivono su questo testo pur non battendo nessun tasto di nessuna tastiera. Sono tutti quelli che generosamente hanno fatto girare i neuroni della Macchina del Tempo per rimembrare cose e fatti del “fu”. Da esacerbare il fatto che questa cronaca non si gioverà dell’automatismo scontato ai giorni nostri della Grande-Ricerca-sul-Web e del goggle-ismo imperante! Tutt’altro!

Storie & storielle saranno ripescate dalle materie grigie (ed assai ingrigite, assieme ai capelli!) di tutti quelli che furono i protagonisti, le comparse, i comprimari, i registi, gli attori, i cammei, dell’epoca.

Quindi un non scontato ringraziamento a tutti quanti hanno contribuito e contribuiranno a questo testo a partire da Andrea Giorgietti, Alberto Casti, Angelo Vianello, Andrea Vallicelli, Alessandro Nazareth, Roberto Reno in arte Boniek,  Buzz Boettcher alias Mr. Penguin Blocks, Ben Bradley di Spencer Rigging, Bruno Finzi, Chicco Isenburg, Connie Isenburg, Charlie di Almagores, Cino (c’è bisogno di aggiungere Ricci?), Dave Williams, Dentone di Alassio, Dani De Grassi, Daniele Gabrielli in arte Sor Maestro, Franco Gimelli in arte Tacun, Franco Rodino sul palcoscenico Rodino!, Franco Zamorani, Franco Peluso, Francesco De Angelis, Federico Valenti in arte Fede, Giuly alias Romanengo!, Gringo, Chiozza, Chicco Bugliani con l’inseparabile Milvio, Dennis Durgan (uno dei pochi diventati ricchissimi con la Vela….si sposò una miliardaria americana!), Doi Malingri di Bagnolo, Dondo Ballanti ma noto come Dondo tout court, Gary Weissman, Guido Grugnola, Giovanni Verbini in  arte Jepson!, Giorgio Casti, Giovanni Sicola, Giacomo Romano detto la La Volpe, Gian Luca Nanni Costa, Giandevoto, Giorgio Zolezzi in arte Zio Cane!, Gabriele Rafanelli…per antonomasia… The Robber,  Giorgio Cingolani, il babbo mio!: Adriano Fabbroni!, Innes McGowen, Ian McDonald Smith, Jim Pugh, John Bertrand (l’australiano!), Luciano Ladavas, Lowell North, Lorenzo Loik, Lorenzo Mazza, Lou Varney, Lorenzo Bortolotti, Matteo Plazzi, Mauro Pelaschier, Massimo Coltella, Massimo Massarini, Mic, Lugaresi meglio noto ai più come  Mac, Mauro Piani in arte Chato, Matteo Caglieris, Mino, Nicola Sironi, Pallino, Pinin, Pierre Sicouri, Pallino, Piro, Piero Nessi,  Paolo Massarini, Ron Love che soprannominammo Rosalino Amore, Sandro Berti Ceroni, Tiziano Nava, Tim Haynes, Tim Stearn, Vittorio Vongher, Vittorio Mariani … (ho messo in  “equipaggio” anche chi purtroppo non è più con noi fisicamente… ma la loro eredità sta alle draglie ancora con noi tutti).

Quando si dà la miccia ad un libro è meglio non pensarci troppo su. Questo l’ho imparato da quell’autentico Gentleman che rispondeva al nome di Giorgio Casti, il fondatore di “Bolina”. Quando io tentennavo a più riprese, rollavo!, pieno di dubbi se valesse o meno la pena di fare Rigging, lui mi disse una frase che non dimenticherò più. Danilo, fare un libro è come fare un figlio: se ci pensi troppo su non lo farai mai. Io che non ho figli fui touché non di poco.

Addenda.

Alcuni di voi avranno notato il richiamo alle edizioni perugine L’Amigdala. È un po’ un messaggio in “codice”. In questo senso. Un numero significativo dei nominativi citati poc’anzi lessero un pamphlet che scrissi e pubblicai, appunto sotto i tipi delle Edizioni L’Amigdala (mi rammento ancora il bellissimo lavoro di “confezione” fatto dalla tipografia di Orbetello), a cavallo dell’estate 1983 e l’autunno 1985. Un periodo per me bollente che mi vide coinvolto col Brava a fare in pratica tutte le regate dell’emisfero occidentale senza requie. SORC, Admiral, One Ton Cup, e via di seguito, girando come una trottola a smontar e rimontare la barca per ogni appuntamento. Quel testo si chiamava La Linea Obliqua. Ne seguì, pochi anni dopo, un altro: La Creazione dell’Immaginario, la Glossa marginale, e la loro circolazione. Critica del costume e costumi della critica. Pur nell’ingenuità di quegli scritti, mi ha fatto immenso piacere che diversi di voi hanno ricordato, via via, nel corso di questi anni cenni e passi di quel testo. Uno di voi in particolare si ricordava dell’aforisma #107 che concludeva La Linea Obliqua, e che fu scritto in occasione di una mia sosta a Parigi, ritornando dall’Admiral. Mi ricordo ancora l’incubo vero di girare da solo in pieno centro a Parigi con il furgone Fiat Ducato del Brava senza sapere dove andare di preciso! Avevo approfittato di fermarmi a Parigi per andare a fotografare le sedie Cafè Costes dell’omonimo bar che aveva fatto scalpore per un design emergente a firma di quello che a pochi anni di distanza sarebbe diventato un archi-designer di fama mondiale, Philippe Starck.

En passant, una sedia tra i pochi oggetti degni di interesse di Starck. In quella sosta ebbi la ventura di leggere su un quotidiano che era stata violentata una ragazza nella metropolitana, in pieno giorno, sotto gli occhi di diversi astanti, senza che nessuno si muovesse in aiuto. Ne avevo fatto un aforisma stigmatizzando il fatto che ormai il coraggio era riservato solamente ad una realtà virtuale, allora quella del cinematografo, mentre nella vita reale la moltitudine vigeva solo l’anonimia e la codardia. Erano tempi, giova ricordarlo, in cui Facebook era di là da venire. Quando a fine dicembre 2012, in Via Padova a Milano, si è verificato un episodio similare, per molti aspetti, l’essere stato facile profeta della fenomenologia umana a venire non mi ha dato nessun conforto. Anzi. Questo testo attuale vuol essere, su un registro certo diverso, un ideale collegamento con quelle tematiche che avevano inviso “la costruzione di uomini di plastica”. Molte cose sono cambiate da allora, e la mia resa dei conti con certe – come dire? – angolazioni di veduta di allora, è stata fatta nel mio libro Sessantotto: Magie, Veleni & Incantesimi Spa. Del Potere Oscuro e la Rivoluzione del ’68.

Ora è venuto il momento di fare i conti con la Vela.

Si accennava prima al fascino degli oggetti. Beh….partiamo con una storiella a proposito. Un cliente della Fabbroni & Vongher Yacht Riggers voleva discutere dei terminali da mettere sul suo sartiame della sua barca d’epoca. Quando gli proponemmo di mettere i Norseman lui ne rimase letteralmente affascinato. Quell’oggetto perfetto, geniale come pochi, con una finitura spazzolata dell’acciaio, come fosse un Rolex, lo conquistò a tal punto che ne comperò uno, grossissimo, e se lo tenne sulla scrivania in bella mostra! Potenza dell’ingegno umano nel materializzare una “cosa” piena di fascino! Se l’ammaliato cliente fosse stato un autentico eccentrico forse avrebbe avuto l’ardire di sfilare in Via Veneto con sulla spalla un Norseman al posto del pappagallo che usava Dado Ruspoli per attirare l’attenzione nella Dolce Vita romana! E mutatis mutandis una bizzarria simile si ripetè in una tarda giornata di inizi settembre, prima della Sardinia Cup del 1984. Scena, esterno giorno: il Brava One Tonner, ormeggiato al gavitello, davanti allo splendido hotel Romazzino, in Sardegna, in una baia mozzafiato. Tutto l’equipaggio a terra – era una giornata di allenamento – invitato nel patio dell’albergo, per colazione,  dalla madre di una ragazza della Milano bene, che era, diciamo così,  engagé con uno dell’equipaggio. Ad un certo punto lo  stallo della conversazione, tra livree fruscianti di camerieri azzimati, spinse (incauta!) la signora in questione a chiedere il background professionale dei vari componenti dell’equipaggio. Siccome di figli di operai metalmeccanici o no, in vela ce ne sono stati pochi assai….attorno al tavolo a stragrande maggioranza erano tutti laureati…chi era medico, chi ingegnere, chi dentista, chi geologo, chi architetto, chi commercialista, chi scienziato, chi avvocato e così via…. Quando la fatidica domanda dell’ineffabile Dama giunse su di me, come nel gioco della Verità, Landolfi ebbe il suo usuale guizzo di genio, togliendomi le parole dalla bocca e rispondendo lui alla Signora: Danilo è un dermatologo di fama mondiale! Lui è uno specialista della pelle! Io non feci un frizzo come si suol dire, di primo acchito. Finita la colazione, ci imbarcammo di nuovo per tornare in porto ed io chiesi a Landolfi: Ma cosa voleva dire specialista della pelle? E lui: Beh, tu fai quelle belle pelli alla ruota del timone ..e insomma, tu sei laureato in dermatologia!