Porti: l’idustria si fonde con il turismo. Quali prospettive con l’attuale legislazione?

Intervento del Comandante Angelo Zerilli.

Durante il mio servizio in qualità di Ufficiale Superiore del Corpo delle Capitanerie di Porto, sono stato per 12 anni il responsabile del settore della portualità Turistica Nazionale presso il Ministero dei Trasporti, – Direzione Generale Demanio e Porti. In tale veste ho avuto modo di redigere – unitamente ad altri funzionari – il D.P.R. 509/1997 , così detto Decreto Burlando, che è ancora oggi, norma  di riferimento nazionale per la  definizione delle diverse tipologie di strutture per la nautica da diporto, e, più nello specifico, per la realizzazione e gestione di porti , approdi turistici e punti d’ormeggio.Prima di addentrarmi in questa materia, vorrei soffermarmi brevemente più in generale sulle problematiche, ormai annose, che gravano sulla portualità nazionale nel suo complesso. La crisi economica che ormai da qualche anno stiamo attraversando, non ha trovato adeguati riscontri in nessuno dei governi che si sono succeduti in questi ultimi anni. Come ormai continuiamo a dirci da tempo, la scarsa considerazione per il settore che ormai da anni accomuna coloro che si sono succeduti  nei vari Ministeri competenti, ha ancora di più penalizzato il settore dei trasporti marittimi e dell’economia del mare che, stante la posizione che l’Italia occupa, avrebbe potuto rappresentare una eccellenza sia come elemento di sviluppo che come supporto determinante per contrastare le difficoltà economiche che la crisi ha generato.

Manca ancora oggi una politica organica di settore, il numero delle Autorità Portuali non è stato ridotto così come più volte annunciato, la riforma della legge n. 84/1994 che regola l’organizzazione dei porti nazionali non è stata portata a termine, e per ultimo il Governo Monti non ha trovato di meglio da fare che istituire una tassazione aggiuntiva per la nautica da diporto, che, come unico risultato immediatamente tangibile, ha portato i nostri porti turistici a vuotarsi immediatamente con grande soddisfazione delle Nazioni rivierasche confinanti  che le hanno accolte.

A tutto questo dobbiamo purtroppo  aggiungere il  tragico naufragio della Costa Concordia, evento che in una sola notte e per causa di un solo uomo, ha avuto la capacità di distruggere quanto di importante la Marineria Italiana ha saputo fare in oltre 2000 anni di Storia dell’Umanità. Eppure, se esaminiamo i numeri, vediamo che uno Studio di Intesa San Paolo del 2010, e pertanto a crisi già avviata, evidenziava come l’Economia del Mare, comprensiva dell’indotto turistico, rappresentava, con oltre 39,5 Miliardi di Euro, il 2,6% del PIL nazionale, dando lavoro ad oltre 500.000 persone.

Contemporaneamente il Censis  stimava che per ogni 100 E. di investimenti, venivano attivati 237 E. di reddito complessivo nel sistema economico nazionale, e che per ogni 100 nuove unità lavorative, si attivavano 173 nuovi posti di lavoro nel complesso del sistema produttivo.

Contestualmente l’Italia, nel settore della Nautica, si affermava come  la prima Nazione al mondo per la costruzione di navi da diporto di lunghezza superiore ai 24 metri, ed il Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, approvato dalla Commissione Europea, indicava tra gli obiettivi regionali di sviluppo  l’aumento della competitività delle destinazioni turistiche attraverso l’incremento della rete dei porti crocieristici e dei  porti turistici. 

A quel punto, forse spaventati dalla crisi che cresceva, erroneamente convinti che austerità sia crescita,  invece di potenziare quanto di buono era stato realizzato in oltre 10 anni di sforzi collettivi, con una rapidità assolutamente auspicabile per migliori finalità, in un solo biennio, – 2011-2012, siamo stati capaci di disperdere un patrimonio di tecnologia che il mondo ci invidiava.

Una serie di normative, a mio avviso spesso confuse e/o contraddittorie, ha portato :

 Mancanza di chiarezza sulle modalità di applicazione dei canoni demaniali in materia di portualità turistica, soprattutto in termini di retroattività degli aumenti per gli  Atti Formali di concessione sottoscritti precedentemente  alla data di entrata in vigore delle nuove tariffazioni.

 Diversa durata delle concessioni demaniali marittime per la realizzazione e gestione delle strutture per la nautica da diporto da parte di diverse Regioni; Oggi, infatti, per esempio,  il Lazio o la Liguria ma non solo,  rilasciano concessioni per la costruzione e gestione di porti ed approdi turistici fino a 90 anni, mentre il Veneto limita tale durata ad un massimo di 20 anni, allontanando di fatto gli investitori che non vedono garantiti gli ammortamenti degli investimenti che dovrebbero effettuare.

Sentenza del Tar della Toscana ( n. 1087 del 10 Luglio 2013  Sez. III) proprio in merito alle istanze presentate da 6 Società private per realizzare e gestire con capitali propri il porto turistico di Massa Carrara, ha recentemente indicato  in modo definitivo la non applicabilità della legislazione nazionale ( Decreto Burlando) nei confronti di quella regionale ( Legge Regionale n. 1/2005) in materia di realizzazione di porti turistici che, pertanto, non possono essere realizzati da privati o Enti locali se non dopo la preventiva approvazione delle necessarie varianti urbanistiche.

 Inoltre il Consiglio di Stato con la Sentenza n. 6488/ 2012 ha sancito il porto turistico quale opera e servizio pubblico di rilevanza economica, e pertanto l’ applicabilità del Codice degli Appalti per la sua realizzazione.

Tale  individuazione ( che peraltro fino ad  oggi non aveva stranamente  mai impedito la presentazione di istanze ai sensi dei relativi articoli del Codice della Navigazione ), fa espresso riferimento all’art. 153 del Codice degli Appalti, come recentemente modificato dal 1° comma dell’art. 159-bis del D.L. 1/2012. Tale nuova norma prevede che la realizzazione di queste strutture possa avvenire mediante project-financing, applicando però  l’art. 97 del Codice degli Appalti, cioè , in pratica seguendo le procedure delle leggi regionali attribuendo alle stesse maggiore valenza rispetto alla legge nazionale. 

Ne consegue che mentre viene applicata la sperimentazione di zone a BUROCRAZIA – ZERO, mentre spendiamo fiumi di parole per magnificare la creazione dei DISTRETTI TURISTICI nei quali le semplificazioni burocratiche vengono praticamente completamente annullate, consentendo valorizzazione dei territori e creazione di nuovi posti di lavoro, nella realtà si ritorna alla necessità della  preventiva applicazione delle varianti urbanistiche, che mediamente necessitano di 10-15 anni prima di essere approvate, come se queste varianti non potessero essere assunte in sede di Conferenza di Servizi indette per l’esame delle istanze di concessione , come il Burlando prevede.  L’Italia, Nazione che possiede la potenzialità turistica più elevata al mondo, che dal 1990 ha approvato una legge ( la 241/1990 ) sulle Conferenze di Servizi, che nel 1997 ha approvato una legge, la Bassanini sulla velocizzazione dei procedimenti amministrativi, legge mediante la quale il Decreto Burlando è riuscito a creare circa 60 nuovi porti turistici in meno di 5 anni, in sostanza ha deciso di dare una concreta mano alla crisi che ci attanaglia, tornando indietro di oltre 20 anni, pur di consentire alla politica di gestire totalmente la realizzazione di ogni  nuova infrastrutturazione.

Le conseguenze di questa  che per me è una dissennata maniera di procedere, sono state recentemente stigmatizzate  per la Nautica dall’UCINA  che ha  pubblicato i dati del 2012 e che brevemente riepilogo:

 Perdita di 950Milioni di Euro per l’indotto;

 Calo del 49% del contributo del settore nel suo complesso al PIL nazionale;

 Calo del 45% del fatturato globale;

 Calo del 43% dell’occupazione nel settore;

 Calo del 60% delle spese dei diportisti;

 Calo del 33% del traffico in transito;

 Calo del 26% degli ormeggi nei porti turistici nazionali.

LE SPERANZE.

Eppure il Decreto Sviluppo del Maggio 2011, che prevedeva l’individuazione da parte delle Autorità Portuali di aree dismesse o sottoutilizzate da riqualificare  mediante la creazione di approdi turistici, che consentissero nuova occupazione ed eliminazione di degrado urbano, rimane ancora oggi una via da seguire. Sempre UCINA, a tale proposito ha stimato in 39.000 il numero dei posti barca che oggi si potrebbero realizzare nelle aree dismesse delle nostre Autorità Portuali, dando cosi spazio ad una occupazione che il CENSIS stima in un posto di lavoro ogni 3,8 imbarcazioni all’ormeggio.

Speriamo che questi dati, pur nella loro crudezza, facciano capire che colpevolizzare ad ogni costo la ricchezza produce solo ulteriore povertà.

Marina di Carrara, 28 Novembre 2013