L’attuale tecnologia dei compositi dispone di una serie di procedure, tecniche e materiali che negli ultimi cinquant’anni hanno determinato una notevole riduzione di peso dei manufatti e un aumento delle loro proprietà di resistenza meccanica. Attualmente alcuni compositi raggiungono, e in certi casi superano, le caratteristiche meccaniche dei metalli più resistenti come l’acciaio con pesi specifici di gran lunga inferiore.
Questa ricerca ha portato allo sviluppo di una branca specialistica dell’ingegneria dei materiali che si occupa di studiare e sviluppare i cosiddetti compositi avanzati. Un composito non è altro che un materiale in cui due costituenti, fibra e matrice, vengono uniti per formare un unico elemento che ha proprietà meccaniche superiori a quelle dei singoli componenti di partenza. In un composito, qualunque esso sia, la fibra sopporta la maggior parte delle sollecitazioni poiché è l’elemento con le più elevate caratteristiche meccaniche ma anche la matrice ha una notevole importanza nella trasmissione dei carichi e quindi nella resistenza globale del materiale. La matrice ha caratteristiche meccaniche in valore assoluto molto minori della fibra, infatti permette che le fibre siano legate tra loro sia chimicamente che meccanicamente, fa si che le sollecitazioni di flessione, trazione, compressione e torsione vengano ben distribuite e sopporta i carichi di taglio applicati al manufatto. La combinazione delle caratteristiche meccaniche delle fibre con quelle della resina determina la resistenza complessiva del materiale composito. La tipologia di resina maggiormente considerata nel campo dei compositi avanzati è allo stato attuale della tecnologia senza dubbio quella delle resine epossidiche.
La chimica
Le resine epossidiche sono polimeri termoindurenti ovvero che solidificano mediante reazioni chimiche in cui le catene polimeriche dapprima divise si legano tra loro mediante reticolazioni covalenti e rendono la resina insolubile e infusibile una volta indurita. Nel processo di reticolazione, detto catalisi, si sprigiona dell’energia che a sua volta genera calore e accelera il processo stesso. La peculiarità della catena polimerica di queste resine è quella di avere al centro della catena due o più gruppi epossidici composti da un atomo di ossigeno legato con due atomi di carbonio già legati tra loro. I gruppi epossidici per la loro conformazione ad anello conferiscono le caratteristiche di rigidezza e resistenza al calore assorbendo meglio le sollecitazioni meccaniche rispetto a una catena polimerica lineare. Agli estremi della catena ci sono i gruppi reattivi ai quali si collegano gli agenti indurenti, ovvero le ammine, i quali prendono parte a sua volta nel processo di reticolazione formando una maglia tridimensionale molto fitta. La presenza di questi gruppi reattivi così efficienti all’esterno della catena determina la grande capacità di aderenza e coesione di questo tipo di resine. Identificabili per il loro colore ambra o marrone, a differenza delle altre resine termoindurenti che utilizzano un catalizzatore per innescare il processo di reticolazione, le resine epossidiche devono essere miscelate all’agente indurente e la miscela dev’essere dosata nella giusta proporzione con un rapporto di di 2:1 poiché qualora questo non accadesse rimarrebbero dei gruppi reagenti «aperti» e le caratteristiche sia meccaniche sia di resistenza termica che chimica della resina decadrebbero notevolmente. Per ovviare a questo è importante che prima della miscelazione dei componenti l’operatore si accerti delle corrette quantità, misurate in peso, indicate dal produttore della resina. La maggior proprietà di adesione delle resine epossidiche rispetto alle altre resine per la realizzazione dei compositi permette di ottenere caratteristiche di coesione delle fibre molto alte ma con quantità di resina molto inferiori a tutto vantaggio della leggerezza del manufatto finale. Grazie a questa qualità l’utilizzo delle resine epossidiche è particolarmente indicato per la realizzazione delle anime sandwich in honeycomb. In questo tipo di cores l’interfaccia tra le superfici delle anime e le pelli è ridotta al solo spessore della lamina del nido d’ape e quindi si ha bisogno che le resine che interagiscono come agenti leganti garantiscano la massima aderenza e tenacia anche con superfici di incollaggio ridottissime.
Applicazioni e proprietà
L’utilizzo delle resine epossidiche è ritenuto ormai d’obbligo nella riparazione dei fasciami delle opere vive di imbarcazioni che hanno subito danni da osmosi,non solo come riempitivo che assicura un ripristino delle caratteristiche meccaniche della zona danneggiata ma anche e soprattutto come protezione contro nuove infiltrazioni delle zone erose. Sempre per questi motivi vengono anche usate come ottimi filler nel calafataggio o come protettivi nelle impermeabilizzazioni degli scafi in legno. Oltre alle elevate caratteristiche meccaniche le resine epossidiche permettono di ottenere valori di ritiro molto bassi con conseguente stabilità dimensionale e ottima resa estetica dei manufatti. La polimerizzazione della resina continua a temperatura ambiente con una velocità molto bassa e per molto tempo anche una volta solidificata la superficie esterna del manufatto. Al fine di velocizzare questo processo, con l’intento di chiudere il maggior numero di legami chimici possibile e quindi di aumentare notevolmente le caratteristiche meccaniche della resina, si effettua un trattamento di post-cura dei manufatti. Il processo di post-cura consiste nell’apporto esterno di calore, con il quale si fornisce ai reagenti l’energia sufficiente a completare il processo di polimerizzazione riducendo al minimo il numero dei legami aperti e quindi dei gruppi reagenti liberi. In questo modo si aumentano notevolmente le caratteristiche meccaniche della resina e quindi del manufatto.
L’accoppiata vincente
Osservando le produzioni in composito avanzato specie di recente costruzione, non è difficile notare l’abbondanza di manufatti in fibra di carbonio che possono avere una valenza puramente estetica o anche funzionale. Nella maggior parte dei casi per la produzione di questi elementi vengono utilizzate resine epossidiche. Notoriamente la fibra di carbonio è un materiale estremamente resistente ma molto fragile e poco elastico. L’utilizzo di resine epossidiche è infatti molto indicato per questo tipo di costruzioni poiché la loro elevata elasticità permette di mitigare la fragilità del carbonio e di legare bene le fibre con quantità minime di resina a tutto vantaggio del peso del composito ottenuto. Tutto questo permette di realizzare un manufatto finale leggero, molto resistente e ottimo per utilizzi estremi o che richiedano caratteristiche meccaniche molto elevate. Oltre a ciò l’utilizzo di resina epossidica permette di realizzare anche manufatti in fibra di carbonio «a vista» ovvero senza la protezione di vernici coprenti o protettive che hanno un ottimo appeal estetico. L’elevata capacità di resistenza al calore della catena polimerica epossidica consente di poter resistere anche a temperature molto elevate che nel caso di questi manufatti raggiungono i 100° senza subire danni o decadimento delle caratteristiche meccaniche dovute a shock termico. Nel campo dell’automotive l’utilizzo dell’accoppiata carbonio-epossidica ha ormai raggiunto livelli tali che per mote case automobilistiche il composito sta pian piano sostituendo il metallo nella realizzazione dei telai di modelli hi-performance senza diminuire le qualità di resistenza agli impatti e diminuendo le deformazioni delle strutture sotto sforzo. Tutto questo è stato anche possibile grazie alla notevole sperimentazione ottenuta mediante le competizioni automobilistiche che hanno permesso di acquisire fondi e possibilità per sviluppare un know-how tutt’ora in continuo sviluppo. Il comparto nautico purtroppo non ha un così elevato budget di sviluppo anche se nell’ultimo decennio sempre maggiori sono gli utilizzi delle resine epossidiche ancora legati a costruzioni per competizioni sportive o di imbarcazioni da diporto in cui l’aspetto della leggerezza degli elementi strutturali è particolarmente importante.
I collanti strutturali
Lo sviluppo della tecnologia e le caratteristiche di adesione e tenacia del polimero epossidico hanno permesso di ottenere una tipologia di collanti ad altissima efficienza e resistenza tanto da poterci realizzare veri e propri collegamenti strutturali sostituendo a tutti gli effetti il collegamento meccanico. Generalmente questi prodotti si presentano sotto forma di paste bi-componenti in blister pre-dosati o con applicatori che garantiscono la corretta miscelazione e il corretto rapporto dei reagenti. Nel campo nautico l’utilizzo di questi collanti si sta diffondendo in maniera sempre più massiccia poiché consente di ridurre i tempi di produzione ottimizzando le fasi di lavorazione senza rischiare cedimenti strutturali. Basti pensare ai collegamenti scafo-paratie, scafo-coperta o scafo-ragno strutturale i quali in genere vengono realizzati mediante un collegamento meccanico di fascettatura tra i due elementi da collegare. Con l’utilizzo dei collanti strutturali a base epossidica la tenuta meccanica, pari a quella di una giunzione meccanica, è ottenuta da un’interfaccia di collante tra le due superfici limite dei manufatti. Tale incollaggio indubbiamente ha degli enormi vantaggi in termini di tempo poiché, una volta allineati e posati gli elementi, l’operazione di collegamento avviene in maniera quasi automatica o al massimo con l’ausilio di un operatore che controlla l’effettivo e corretto contatto tra le superfici e ripulisce il giunto dal collante in eccesso. Naturalmente come per tutte le tecnologie, anche l’utilizzo dei collanti strutturali ha dei contro che possono essere limitati con una corretta progettazione dei giunti e degli elementi strutturali e con un’attenta pianificazione dei processi produttivi. La resistenza di un giunto incollato è molto legata a parametri quali, per esempio, le dimensioni del giunto, la preparazione delle superfici di contatto, lo spessore di collante tra gli elementi da collegare, ecc., inoltre il fattore tempo è decisamente importante nella realizzazione dei collegamenti incollati poiché una volta miscelati i componenti ha immediatamente inizio il processo chimico di indurimento. Tale processo ha tempi di esecuzione ben definiti e prevedibili in base anche alle condizioni igro-termiche dell’ambiente di lavoro pertanto la posa, l’allineamento e il fissaggio in posizione degli elementi da collegare devono essere limitati nell’intervallo di tempo tra l’inizio della catalisi e la fase di indurimento del collante, pena un mancato o errato incollaggio con conseguente danno economico derivante dallo spreco di materiale, manodopera e nel peggiore dei casi extra costo dovuto al rifacimento di parti o di tutto l’incollaggio.