Non sempre si ha la fortuna di incontrare persone di così tanto valore, invece come una sorpresa, tra le colline del Monferrato, in un bellissimo e antico castello nel paese di Morsasco, ha aperto le porte del suo studio Aldo Cichero, un uomo gentile e riservato, che custodisce in sé tanti ricordi di una carriera lunga quarantanni che ancora oggi continua con passione e professionalità. Con tranquillità e semplicità racconta le sue esperienze come se fosse una persona come tante. Hanno segnato l’inizio della sua carriera collaborazioni come quelle con Paolo Caliari, Alessandro Mendini, Cesare Cassina e Gaetano Pesce, personaggi che hanno plasmato il Made in Italy tra gli anni ’60 e ’70, anni della svolta di una nuova Italia.
Aldo Cichero, di origine piemontese e di adozione ligure, dopo studi svolti a Genova, li proseguì nel campo dell’architettura navale a Parigi.
Tra il 1960 e il 1969 lavorò presso i Cantieri Baglietto di Varazze dove, dopo una fondamentale esperienza nella costruzione di arredi di bordo, iniziò a disegnare gli storici Motor Yacht Elba, Ischia, Capri, Minorca, Maiorca, fino ad arrivare a progettare imbarcazioni di 16.50 mt., 18 mt., 21mt e 23 mt di nuova concezione. Dal 1969 al 1971, fece parte di Tecnoconsult S.r.l., dell’arch. Paolo Caliari, maestro del design. Da questa esperienza nacquero numerose imbarcazioni che definirono lo yacht design di quegli anni ed oggi ne influiscono ancora la progettazione. I due progettisti instaurarono rapporti duraturi ed importanti con i cantieri più prestigiosi del tempo: Baglietto, Picchiotti, Arno, Tecnomarine, ecc.
In quegli anni, si impostò la nautica del diporto, rivoluzionando il “vivere il mare”, non più solo barche per il lavoro, ma vennero definiti gli spazi delle imbarcazioni concepite come case galleggianti. Le barche si son arricchite così di spazi abitabili interni ed esterni, iniziando quello che poi venne chiamato Yacht Mediterraneo, con un grande salone di poppa, un comodo fly con prendisole, un’importante sovrastruttura e un sottocoperta ricco di ambienti domestici e comode cabine. Fu durante quegli anni che si iniziò a plasmare la nautica che si conosce oggi, la barca vista come il prodotto industriale dell’unione tra il costruttore e il progettista. La barca non era più solo di formazione del cantiere ma nasceva in sinergia con il designer, ecco allora che come per gli oggetti di design che in quell’epoca si stavano facendo strada grazie a Zanuso, Castiglioni, Sottsass ed altri ancora, le imbarcazioni da diporto portavano la firma dei designers (Caliari, Harrauer, Levi, Cichero, Spadolini, ecc), coloro i quali operavano per inventare un nuovo stile del prodotto; tanto nel prodotto industriale che in quello nautico, il ruolo del progettista diventò imprescindibile. Grazie ai Maestri di allora, si ebbero numerose imbarcazioni che, nel susseguirsi del tempo, definirono un nuovo modo per vivere il mare e crearono una nuova nicchia di mercato; dalla barca tanto snobbata dagli architetti ma che interessava i ricchi personaggi solo per qualche piccola gita, si sviluppò un mondo nel quale il possedere una barca disegnata da un noto designer diventò per il jet set degli anni ’70 in poi, un vero e proprio status simbol. Tutto questo, contribuì come la moda, il cibo, le auto e il cinema a definire il mito dello stile italiano in tutto il mondo. L’Italian style da quel momento in poi fu apprezzato e riconosciuto incontestabilmente anche per lo yachting. Per Cichero tutto è progettazione, ed oltre alla passione per le imbarcazioni e per il mare non si tirò mai indietro neppure di fronte a progetti di puro product design; per la Depa di Milano, Cichero, sviluppò su progetti di Paolo Caliari tutta una serie di lampade e di accessori in lega leggera. Nel 1972, progettò per la prestigiosa Sormani S.p.a. la serie di poltrone e divani componibili, tavolini, ripiani, librerie e scaffali, con struttura a vista in lastra di lega leggera anodizzata.
Per lui tutto è progettazione, tutto è design, tutto è prodotto industriale
Per un periodo della sua carriera si dedicò così con trasporto ed entusiasmo alla progettazione dell’oggetto, in ogni sua parte fino al dettaglio della vite. Da questo interesse iniziò, durante gli anni ’70, l’intensa collaborazione con Cesare Cassina e con artisti come Gaetano Pesce ed Alessandro Mendini che lo portarono a fondare la Bracciodiferro srl da cui nacquero progetti di interessante design. Ritornò poi al settore nautico non solo come progettista, ma anche come designer del dettaglio; con la società Antonio Tagliercio e Metalstyle , disegnò e costruì accessori (boccaporti, finestrature, porte scorrevoli, telai, lavabi, plafoniere, maniglie, passacavi, bitte, ruote di timone ecc) per le sue imbarcazioni. La voglia di ricerca, la sperimentazione e i continui studi di Cichero portarono allo sviluppo (con l’azienda N.D.) di accessori e componenti di arredo in policarbonato di eccezionale raffinatezza. Ricordiamo il suo lavoro di progettazione per i modelli delle Alalunga in legno, per le linee degli esterni e degli interni del M.Y. Drake dei Cantieri Navicelli (23 m e 25 m) e del M.Y. Admiral 35 dei Cantieri di Lavagna. Verso la fine del 1970 sorprese il mercato con gli interni del Magnum 53 (Magnum Marine )interamente in radica, definendo uno stile quasi art ‘decò’. Inizio anni ’80 progettò anche un gozzo per la BMW con motore interno BMW e il Lamborghini Queztal divenuto oggi oggetto da collezione. La sua attività non si è mai fermata, la passione per l’innovazione e il design non sono altro che i motori per trovare sempre nuovi progetti. Ancora oggi, Cichero ha nel cassetto tanti progetti che sono in corso di elaborazione con importanti cantieri, frutto dell’esperienza maturata nel corso di una lunga e laboriosa carriera dedicata alla nautica. Dal 2006 ha lasciato Genova e ha aperto il suo Studio nell’affascinante e storica sede presso il Castello di Morsasco tra le colline del Monferrato.
Come iniziò la sua esperienza nel mondo della nautica? Da dove nacque il suo stile?
Tra il ’58 e il ’60, si può dire che stava nascendo la nautica, i cantieri cercavano addetti ai lavori. Baglietto cercava personale per l’ufficio tecnico, quando mi presentai, mi dissero che avrei dovuto iniziare come apprendista. Rimasi così affascinato dal mondo della nautica che accettai la proposta di apprendista. Mi procurai la cassetta degli attrezzi di cantiere ed iniziai. È stata l’esperienza più formativa della mia vita. Imparai a colmare il gap che esiste ancora oggi tra il progettista e il cantiere, imparai tutti i segreti dell’artigianato di cantiere. Al tempo, il riferimento per sviluppare i disegni degli interni, era un abaco, una ‘matrice’ di tutte le cornici o mastre in legno che il cantiere metteva a bordo durante la costruzione per eseguire i vari pezzi. Grazie a questo abaco erano classificate tutte le forme, dai bordi dei letti al bordo dei vassoi per portare le bibite. Tutto si progettava, dagli arredi alla maniglia. Fu una grande scuola per me e da lì potei partire sviluppando una sensibilità progettuale che nessuno mai mi aveva insegnato. Eravamo solo in sette persone, ognuno con il suo specifico compito, si disegnava e si progettava ogni cosa, nonostante fossimo così in pochi, eravamo in grado di definire tutta la produzione del cantiere e senza nessun ritardo con le consegne!! (ride). Non esisteva la nautica come la si intende ora. Iniziai così a definirne gli stili, gli spazi e gli ambienti. Durante il decennio che ho disegnato le Alalunga in legno (dai 16,80 m ai 32 m) dei Cantieri di Santa Margherita Ligure, posso affermare che son riuscito a definire il mio stile, uno stile equilibrato e funzionale. Ho sempre cercato l’innovazione delle linee e la ricercatezza del design, caratteristiche che ho voluto portare sempre con me in ogni mio progetto. Sono elementi che ho portato nel mio lavoro ed ora quando li ritrovo in progetti successivi di altri progettisti, capisco di aver fatto scuola o comunque di aver lasciato il segno. Ho detto qualcosa di più nell’ambito nautico, in un periodo che bisognava inventare e studiare ancora tutto.
La sua professione ha alle spalle decenni di sviluppo e crescita, ancora oggi continua, qual’è il suo segreto?
Per me, l’ingrediente fondamentale è la continua ricerca; la ricerca non si deve mai fermare. Nel passato ho studiato un utilizzo innovativo della vetroresina e del composito realizzando, per i Cantieri Puntorosso – Crestitalia (1977/78), la più grande imbarcazione in vetroresina del tempo. Brevettato come Triplast, un sistema di struttura ad altissima resistenza e uniformità per scafi e sovrastrutture in vetroresina che Lamborghini (1984) adottò per la produzione delle proprie imbarcazioni veloci (100 nodi). Insomma, ho sempre cercato quel qualcosa in più, che potesse portare un “nuovo utile e necessario”. Mi sono inoltre sempre avvalso di collaborazioni importanti con tecnici specializzati e mai casuali. Il team è la cosa più importante, circondarsi di ottimi professionisti e tecnici in vari settori prepara già la base di una buona partenza. Per esempio qualche anno fa ho progettato insieme ad altri tecnici del settore energetico (raggruppamento FCF-Ferrari Partners, Studio Cichero Srl., PSGR. S.rl) delle chiatte per la produzione di energia elettrica. L’energia elettrica viene generata da fonti rinnovabili a bassissimo impatto ambientale con resa energetica da 50 MW a 200 MW. Non ci siamo però fermati qui, anche in questo caso il design ci ha aiutato, queste chiatte infatti sono innovative da punto di vista dello stile, sono interessanti come linee ed essendo semi immerse annullando l’impatto ambientale sullo skyline marino. Il progetto è stato acquisito per l’Italia da Europam S.r.l., azienda leader nel settore petrolifero ed energetico che ha avviato la procedura per realizzare la barge “Tritone” posizionate nel Porto di Genova. Si tratta di una chiatta che, oltre alla produzione di energia elettrica con sistema di generazione e cogenerazione, ha anche una zona limitata alla produzione di energia dall’uso delle alghe. L’interessante struttura può garantire energia pulita che può essere introdotta nella normale rete elettrica della città. Le idee ci sono e i progetti anche, la voglia di fare da parte di noi progettisti c’è, ma finora la burocrazia ci ha fermato. È vero siamo in tempo di crisi e non nascondo che questi siano progetti costosi, ma è un
investimento, è inutile chiamare una barca green se ha solo un boiler che funziona grazie ai pannelli solari, e tutto il resto? Finché non si capirà che siamo tutti sullo stesso pianeta, e che inquinare in un posto porterà morte, malattia e disagio a tutti, governanti e armatori compresi, allora non si arriverà veramente ad una soluzione, occorre che si definisca a livello governativo una legislazione ben fatta e organica completa di sanzioni per chi inquina. Solo così si potrà arrivare ad una vera soluzione. Inoltre, il mare può diventare un interessante via di sviluppo, per esempio abbiamo progettato dei parcheggi pluripiano galleggianti per il Porto di Genova. Progettati con uno stile accattivante e decorati con grafiche di A. Mendini, potrebbero diventare degli oggetti artistici in grado di risolvere il grande problema dell’urban mobility genovese. Altri progetti (in collaborazione con lo studio di Pier Federico Caliari) è un’isola galleggiante in Brasile ad uso turistico, oppure un centro commerciale in Cina (Italian Town for China) ispirato ad una città storica italiana ed altro ancora. La suggestione nautica mi aiuta anche in altri progetti: lo scorso anno, ho disegnato una proposta di grandi fontane (60 mt.) per le rotonde di Kwait City, insieme ad altri artisti. La ricerca, l’innovazione e la commistione di suggestioni sono gli ingredienti di una ricetta vincente e non si devono mai dimenticare.
Come vede l’entrata nel mondo della nautica dei nuovi paesi emergenti?
I Paesi come il Brasile o il Messico e in generale tutti i paesi emergenti possono portare novità e nuovo interesse per lo yachting. Non tutte queste nazioni coltivano la stessa passione per il mare che abbiamo noi del Mediterraneo, ma lo yacht è un oggetto di grande fascinazione e, comunque, uno status simbol. Credo che, l’ampliamento dell’interesse per la nautica a livello mondiale, possa produrre nuove idee sia nel campo del design che dell’innovazione nei materiali, nelle costruzioni.
Tante barche hanno segnato la sua attività … ce ne indichi alcune …
Molte sono le barche che mi hanno segnato: con CNR di Ancona, ho progettato due imbarcazioni importanti da 45 mt e 41 mt, L’Abdul Aziz e il Nourah of Riyad, per Baglietto tantissime e fondamentali furono il M.Y. Maffy Blue (1991) che determinò una rivoluzione nelle dimensioni e nell’utilizzo del flying bridge poiché vi era stata installata una piccola piscina ed uno specchio di poppa apribile a piattaforma per il bagno; il Blue Ice con un’impostazione wide-body (la prima volta per il cantiere) una soluzione nuova per l’epoca (1999) . I migliori progetti nascono quando l’armatore ha fiducia nella creatività del suo progettista e nella capacità realizzativa del cantiere. Lavorare in sintonia per trovare le migliori soluzioni può dare grandi soddisfazioni in nautica. Ho lavorato con tantissimi cantieri per ognuno ho cercato di creare uno stile che non fosse solo il mio ma anche quello del cantiere. Non si riflette mai abbastanza quanta innovazione e bellezza può derivare dalla capacità di un cantiere di creare il suo stile unico. A questo mi sono ispirato per i cantieri con cui ho lavorato. Ricordo progetti con la Mondomarine, Magnum Marine, Cantiere Admiral, con i Cantieri olandesi di Heesen e i Cantieri Viudes di Barcellona. Tanto tanto lavoro. (sorride)